Federico Di Chio by American storytelling. Le forme del racconto nel cinema e nelle serie tv (2016) saggio MIRCrew

Federico Di Chio by American storytelling. Le forme del racconto nel cinema e nelle serie tv (2016) saggio MIRCrew

autore:American storytelling. Le forme del racconto nel cinema e nelle serie tv (2016) saggio MIRCrew
La lingua: ita
Format: mobi
pubblicato: 2017-02-14T23:00:00+00:00


Un cinema schizofrenico

In corrispondenza con i quadri valoriali e le scelte drammaturgiche sopra illustrati, i processi negoziali messi in scena dai film di questi anni seguono due strade, assai diverse tra loro.

La prima è quella “classica” della risoluzione, della sintesi operata secondo i canonici dettami del reconciliatory pattern. Ecco, allora, solo per citare alcuni titoli: La donna del giorno, in cui, dopo un’animata negoziazione, avviene la conciliazione tra i valori del modello tradizionale, maschile e patriarcale, e le nuove istanze dell’emancipazione femminile; Il cavaliere della valle solitaria, in cui il piccolo Joey, figura dello spettatore, trova nella collaborazione tra il padre e il pistolero Shane la sintesi tra i due tradizionali set valoriali del western; La ragazza del secolo, in cui Gladys è aiutata da Pete a scoprire l’equilibrio tra voglia di affermarsi e qualità della vita e dei sentimenti; Secondo amore, in cui Cary individua un coraggioso punto di incontro tra il desiderio di avere una nuova relazione sentimentale e la necessità di negoziare con l’ambiente sociale; Solo per te ho vissuto, in cui Selina, che inizialmente sposa i valori dell’East, alla morte del marito Pervis, che incarna i valori del West, diventa potente figura di conciliazione; Il gigante, in cui Brick elabora una sintesi fra tradizione e innovazione, chiusura e apertura; I peccatori di Peyton, in cui Allison trova alla fine un modo di tenere assieme il desiderio di emancipazione e l’adesione alle regole e ai valori tradizionali.

La seconda strada invece è quella di una conciliazione sempre più critica, irrisolta, con esiti sospesi e amari. Questo, anzitutto, si deve al fatto che il gap tra le opzioni in gioco è spesso incolmabile. Prendiamo, ad esempio, Lo specchio della vita. Sarah Jane è un’adolescente bianca, ma figlia di una donna di colore; quando questa verità emerge, temendo di essere discriminata, la ragazza rinnega la madre. È molto evidente la situazione d’impasse: Sarah Jane non può rinascere bianca, né d’altra parte in quella società razzista è libera di coronare il suo sogno d’amore. Lacerata dal “doppio legame”, le restano due opzioni estreme: accettare la sua condizione (e perdere l’amore) o rifiutare la sua condizione (e perdere la madre). Ora, tra queste due scelte radicali non può esserci alcuna mediazione. E la vera via da percorrere – ribellarsi ai pregiudizi, “cambiare il mondo” – è, purtroppo per la ragazza, al di fuori delle convenzioni del genere. Aumentano dunque sensibilmente, rispetto al periodo precedente, i casi in cui non c’è autentica dialettica, ma solo scontro/contrapposizione tra valori (Là dove scende il fiume, L’occhio caldo del cielo, Johnny Guitar, L’uomo dal braccio d’oro, La valle dell’Eden, Il ladro, Un posto al sole), oppure c’è dialettica negoziale, ma non c’è sintesi (La grande nebbia, Scandalo al sole). Moltissimi, poi, i casi in cui una sintesi c’è, ma è debole: perché operata da uno solo dei due personaggi in scena, mentre l’altro non cambia per nulla (Vera Cruz ) o molto poco (in La gatta sul tetto che scotta Maggie cambia ben più di Brick,



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